«Viva l’Italia furono le ultime parole di papà»

Enrico Falck con il cardinale Schuster - Foto: archivio famiglia Falck

di Silvio Mengotto

Cesare Lorenzi, operaio alla Falck e antifascista di “Soccorso rosso”, dopo uno sciopero nel 1944 viene internato nei lager nazisti dove, a pochi giorni dalla liberazione del campo, muore a Mauthausen. Il ricordo della figlia Raffaella Amurri. 


Nella clandestinità l’industriale cattolico Enrico Falck ha dato il suo contributo al programma antifascista dell’Italia. Al termine della guerra, unico tra gli industriali di Sesto San Giovanni, ha voluto che i nomi dei deportati della Falck fossero scritti sulle grandi lastre di bronzo sotto la Loggia di Piazza dei Mercanti a Milano. Nella lunga fila delle persone morte per la libertà «c’è anche – dice Raffaella Amurri – il nome di mio padre: Lorenzi Cesare». 

Nasce nel 1903 a Guardistallo (Pisa) e i valori che respira in famiglia sono marcatamente antifascisti. Padre socialista con dodici figli, quattro moriranno giovanissimi. «La nonna – dice Raffaella –  ogni mattina si recava in chiesa per la messa. Se mio nonno ha trasmesso i valori di libertà, democrazia e solidarietà, la nonna ha trasmesso il Vangelo, lo si viveva in casa. Questi figli hanno assorbito dei valori importanti che il fascismo non ha distrutto».

Enrico Falck con una bambina al villaggio Falck - Foto: Archivio famiglia Falck

Giovanissimo viene ingiustamente incarcerato con la grave accusa di aver ucciso un fascista. Quando il vero assassino si presentò, un milite fascista, Cesare Lorenzi viene scarcerato, poi emigra a Sesto San Giovanni dove raggiunge i due fratelli maggiori Carlo e Sole, che lavoravano alla Falck. Durante la Resistenza a Sesto San Giovanni i due fratelli diventeranno partigiani nelle fila comuniste. Alla Falck Cesare Lorenzi copre, in clandestinità, l’incarico di tesoriere di Soccorso rosso che raccoglieva denaro a sostegno delle famiglie di coloro che erano stati condannati al carcere o al confino dal Tribunale fascista.

Causa la guerra l’antifascismo si manifestò apertamente con gli scioperi per il caro vita, in testa le donne, nel marzo 1944. Al seguito di questi scioperi Cesare Lorenzi viene arrestato e subisce una finta fucilazione. Dalla caserma San Fedele è trasferito a San Vittore per essere deportato a Mauthausen con un convoglio proveniente da Novi Ligure. La famiglia era all’oscuro di questa partenza. La libertà di oggi è stata conquistata e scritta con il sacrificio e il sangue di moltissime persone, anche in forme anonime e sconosciute. «Fu proprio uno sconosciuto – continua Raffaella Amurri – di cui non sapremo mai il nome, che ci recapitò un bigliettino di papà che ci permise di rintracciarlo e rivederlo, insieme ad altri prigionieri, su un carro bestiame in partenza da Brescia per la Germania. Avevo nove anni e ricordo che un soldato tedesco lo fece scendere dal carro bestiame. Rimanemmo insieme una decina di minuti. Risalito sul vagone merci papà si affacciò dal finestrino con un calice di vino bianco, ci fece coraggio e la promessa che, a guerra finita, ci avrebbe raggiunto. “Viva l’Italia” furono le ultime parole di papà. Ancora oggi quell’immagine mi da forza!» Grazie alla documentazione dall’Archivio Bad Arolsen la figlia è riuscita a  ricostruire l’iter di una massacrante deportazione.

Cesare Lorenzi - Foto privata

A metà aprile del ’44 viene internato a Mauthausen con matricola n. 63754, poi trasferito al Comando Steyr per rientrare a Mauthausen nel novembre. A dicembre ’44 è deportato ad Auschwitz per ritornare dopo un mese a Mauthausen con la nuova matricola n. 124060. Nel febbraio ’45 è spostato al comando Wien-West per ritornare nuovamente al Comando Steyr il 23 aprile ’45. Insieme a migliaia di detenuti anche Cesare Lorenzi affrontò la terribile Marcia della morte riuscendo a sopravvivere. Il 5 maggio ’45 l’Armata americana libera tutti i prigionieri del campo di Mauthausen. Il 18 maggio ’45 viene curato nell’ospedale da campo per malnutrizione. In data 22 maggio ’45 Cesare Lorenzi muore per tubercolosi. «Conservo una sua fotografia – conclude Raffaella Amurri – con un messaggio direi quasi profetico: “Affinché mai il mio ricordo si spenga in mezzo a voi”.  Causa un lutto familiare su una cartolina, scritta da papà nel ’43 alla cognata, scrive: “Il divino sangue che cade dalla straziata sua fronte e la santa rassegnazione che traspare dai suoi occhi in cotanto dolore siano di esempio a chi impreca contro la propria sventura”. Questo è il suo testamento, il suo bicchiere alzato»

25 aprile  ’16 

Il nome di Cesare Lorenzi tra i caduti per la libertà sotto la loggia in Piazza dei Mercanti - foto privata

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