Sul ring di Muhammad Ali l’ombra di Trollmann

Muhammad Ali (1966) - Fonte: Dutch National Archives, The Hague, Fotocollectie Algemeen Nederlands Persbureau (ANEFO), 1945-1989 - CC BY-SA 3.0 NL

di Silvio Mengotto

La leggenda di Muhammad Ali, campione sul ring e nella vita, non si spegnerà mai, ma sul quadrato pugilistico rimane l’ombra del pugile sinto Johann Trollmann che, causa del tenace pregiudizio contro il popolo rom, è stato rimosso e sfrattato dai libri della storia anche sportiva.


Pur vivendo in contesti storici profondamente differenti i due pugili – uno nero e l’altro rom – hanno rivendicato, con modalità diverse, la lotta alla discriminazione razziale e il rifiuto della violenza.

E’ leggendaria la velocità, la scioltezza, l’incredibile gioco di gambe, la folle fantasia che, in alcune circostanze, Muhammad Ali intrecciava sul ring scatenando l’entusiasmo del pubblico e il disorientamento, a volte grottesco, dell’avversario. Questa “nuova” coreografia pugilistica negli anni trenta è portata sul ring dal giovanissimo sinto, nato in Sassonia, Jhoann Trollmann. La sua storia, poco nota, è quella di un pugile che si affermò nella Germania nazista sfidando la follia di Hitler. Sul ring Trollmann porta l’abilità fisica e la cultura del suo popolo muove le gambe e il busto proprio come i sinti quando ballano nelle loro feste.

Muhammad Ali mentre firma autografi alle ragazze del villaggio Volendam - Autore: Nationaal Archief - Fonte: Mohammed Ali bezoekt Volendam; Ali deelt handtekeningen uit aan Volendamse meisjes - CC BY-SA 3.0 NL

Trollman dosa abilmente forza e intelligenza anticipando le mosse dell’avversario. Come Muhammand Alì Trollmann «è agile, abile come un gatto, molto veloce e così mobile con il tronco che non viene quasi mai colpito. I suoi riflessi sono impressionanti» (R. Repplinger, Buttati giù, zingaro, Edit. Upre Roma, 2013, p. 65). Il suo stile agile e danzante non piace alle gerarchie del Reich, che si esaltano davanti al corpo-a-corpo, ma diverte e appassiona le folle, che lo chiamano Rukeli (“albero”, alto e maestoso, nella lingua sinti): entusiasma soprattutto le donne. Come accadrà, molti anni dopo, a un altro pugile-ballerino: Cassius Clay, alias Muhammad Ali.

Johann Trollmann - Foto: Hans Firzlaff (1928) / Immagine di dominio pubblico

Sul ring Rukeli «offre un dono avvelenato. Quando l’altro cerca di prenderlo deve pagare un prezzo. Che è molto maggiore di quello che riceve. Di solito non riceve niente. Prima che l’avversario arrivi a segno, Rukeli lo ha già colpito. E prima che l’avversario ci riprovi Rukeli non c’è più. E prima che l’altro si renda conto di quello che gli è successo è tutto finito. Questa è boxe intelligente, ma non piace a tutti nel suo club» (R. Repplinger, Ivi, p. 65).

Nel 1933 è proprio un’insurrezione del pubblico a costringere i giudici, che hanno già decretato il no contest, ad assegnargli la vittoria contro Adolf Witt nel match che vale il titolo nazionale. Ma i gerarchi ordinano l’annullamento dell’incontro e gli ordinano di combattere contro Gustav Eder, vietandogli di muoversi dal centro del ring, pena la revoca della licenza. Trollmann si presenta sul quadrato coi capelli tinti di biondo e il corpo cosparso di farina, per deridere il modello ariano, ma viene sconfitto in 5 round.

Johann Trollmann - Acquerello di Silvio Mengotto

A Rukeli non piace il corpo a corpo. «Non si impegna per niente, è l’avversario che lo deve impegnare. Questo non è giudicato virile, ma proprio le donne, che sono sempre numerose intorno al ring, lo trovano invece elegante. A loro ciò che fa Trollmann ricorda la danza. Rukeli non è interessato alle risse. Lo stile di Rukeli è una provocazione per i tradizionalisti del pugilato che vogliono vedere sul ring battaglie tra due uomini testa a testa, con i piedi piantati per terra» (R. Repplinger, Ivi, p. 68-69).

I soprusi razziali contro Trollmann sono numerosi. Contro la sua volontà, per salvare moglie e figlia, divorzia perché una donna tedesca non può sposare un rom. Successivamente viene sterilizzato. La vera battaglia di Muhammad Ali è stata contro la discriminazione razziale unendosi alla rivendicazioni dei diritti civili con Martin Luther King e Malcom X. Il suo rifiuto alla guerra in Vietnam gli costò il ritiro della licenza, e il titolo di campione, da parte delle associazioni pugilistiche Usa per tre anni.

Malcom X fotografa Muhammad Ali dopo la sconfitta di Sonny Liston. Copyright: Bob Gomel - Autore: EPHouston - CC BY-SA 4.0

Trollmann non poteva rifiutare la guerra, nel 1939 viene arruolato in fanteria e inviato al fronte. Per ordine di Hitler – bisognava tener alto il nome glorioso dell’esercito germanico – vengono congedati dall’esercito 30 mila soldati rom. Un decreto di Heinrich Himmler del 1942 equipara i rom agli ebrei. Si tratta dell’ultima fase dello sterminio del popolo zingaro, il Porrjamos: i rom sterminati nei lager nazisti saranno più di 500 mila.

Anche Trollmann viene internato nel campo di concentramento di Neuengamme dove incontra il famigerato Cornelius, un ex pugile e kapò, che lo sfida pubblicamente. Tutti raccomandano a Rukelie di perdere. Lui è consapevole di rischiare la vita, ma batte Cornelius e lo consegna al ludibrio di tutto il campo. La vendetta non si fa attendere e il 9 febbraio 1943 Cornelius lo uccide. Esattamente sessant’anni dopo, nel 2003, la federazione pugilistica tedesca riconsegna ai suoi familiari la corona di campione nazionale che gli era stata sottratta nel 1933. Muhammad Ali e Jhoann Trollmann due pugili lontani nel tempo ma uniti nella loro umanità.

9 giugno ’16   

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